Il controllo dei lavoratori tramite il MISTERY SHOPPER

Il controllo sulla qualità del servizio effettuato a mezzo dei cd. “mistery shopper” (finti clienti) è un fenomeno piuttosto recente e non trova una collocazione certa e puntuale nell’ambito della normativa avente ad oggetto la tutela dei lavoratori. In particolare, la disciplina statutaria (art. 3 dello Statuto dei lavoratori) è volta principalmente a tutelare i lavoratori (a cui sono equiparabili gli agenti dal punto di vista delle tutele dei principi fondamentali) da forme di vigilanza lesive della dignità dei soggetti interessati.

La fattispecie in esame, tuttavia, non sembra rientrare nella fenomenologia tradizionale di vigilanza, bensì nel più generico potere di controllo attribuito dalla legge al datore di lavoro. Tale potere si estende ovviamente anche alla possibilità di verificare la qualità dell’operato dei dipendenti, anche mediante controlli a campione ed in “incognito”.

La delicatezza della materia impone tuttavia all’azienda di agire secondo criteri di correttezza e buona fede. In particolare dovranno essere esplicitate le modalità e i presupposti di tali controlli (ad esempio segnalazioni negative di clienti) ed in ogni caso i dati raccolti dovranno essere trattati in maniera tale da non ledere il diritto alla riservatezza dei soggetti interessati. Il trattamento dei dati dovrà avvenire in forma anonima e con modalità tali da non consentire a soggetti non interessati alle valutazioni raccolte di ricondurre a questo o a quel dipendente i giudizi espressi dal “mistery shopper”. Il trattamento dovrà pertanto avvenire non solo nei limiti degli scopi per i quali i dati sono stati raccolti, ma con le ulteriori cautele dovute al fatto che nella maggior parte dei casi la competenza dei soggetti incaricati dei controlli non è riscontrabile né verificabile e che, comunque, l’accertamento si riferisce spesso a singoli episodi, come tali non sempre significativi.

La Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi del tema del controllo occulto dei lavoratori con due recenti sentenze, la n. 13019/2017 e la n. 14454/2017, che ribadiscono e rafforzano l’orientamento giurisprudenziale in materia di controllo dei lavoratori.

Nel primo caso, la Corte di Cassazione, in linea con la corte territoriale, ha ritenuto illegittimo il licenziamento di un lavoratore e inutilizzabili le immagini che lo ritraevano mentre incassava denaro senza emettere scontrini fiscali poiché il sistema tecnologico in uso (telecamere nascoste) era volto al controllo diretto dell’attività del dipendente e non poteva rientrare tra i controlli difensivi a tutela degli asset aziendali. La Corte ha specificato, però, che la pronuncia sarebbe stata differente se il datore di lavoro fosse ricorso a controlli a campione attraverso la simulazione di acquisto da parte del personale investigativo che, presentandosi alla cassa come cliente, avrebbe potuto verificare il corretto rilascio dello scontrino.

Proprio questa strategia, infatti, è stata messa in atto dall’azienda protagonista della sopraccitata sentenza n. 14454/2017. In questo caso, la Corte ha respinto il ricorso di un addetto alla cassa, sospettato di ammanchi, scoperto a non registrare le vendite dagli investigatori privati, nelle vesti di clienti, incaricati dal datore di lavoro. Tali soggetti, fingendosi normali clienti dell’esercizio, si sono limitati a presentare alla cassa la merce acquistata e a pagare il relativo prezzo, senza porre in essere manovre dirette a indurre in errore l’operatore, il quale non ha però erogato regolare scontrino.

La Cassazione ha quindi chiarito che il ricorso a questa tipologia di attività investigativa di mystery shopping, che rientra di fatto nei controlli occulti, è comunque da ritenersi legittima. Il controllo, difatti, riguarda sì l’operato del dipendente, ma il presunto illecito non fa riferimento al mero inadempimento della prestazione lavorativa, bensì incide direttamente sul patrimonio aziendale.

Inoltre, a tutela del diritto di difesa dell’incolpato, la Corte ha ravvisato che la contestazione è stata tempestiva, l’illecito reiterato e corroborato dall’accertamento delle giacenze di cassa della giornata.

Alla luce di quanto sopra, se ne desume che è lecito per il datore di lavoro assoldare un investigatore affinché controlli l’operato del dipendente se il presunto illecito non riguarda il mero inadempimento della prestazione di lavoro, bensì incida sul patrimonio aziendale; infatti si ribadisce che secondo lo Statuto dei Lavoratori è legittimo utilizzare personale investigativo esterno unicamente per la salvaguardia e tutela del patrimonio aziendale, mentre è illegittimo avvalersi di personale investigativo anonimo, per controllare a distanza i propri dipendenti durante l’orario di lavoro, con il fine di sanzionarli in caso di inosservanze delle procedure aziendali.

Ragion per la quale le eventuali lettere di contestazione comminate sulla base dei rapporti del Mistery Client potrebbero essere ritenute, da un eventuale giudice, illegittime ai sensi dell’art. 3 Statuto dei lavoratori, a meno che si basino su più fattori (risultanze di più mistery clients comprovate da dati di bilancio che mettano in evidenza danni al patrimonio aziendale).

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