Vietato riprendere i dipendenti anche con il loro consenso

Oggi il tema della videosorveglianza e delle riprese audio e video è particolarmente dibattuto.

Se poi i sistemi di videosorveglianza coinvolgono i dipendenti al lavoro il tema si fa ancora più delicato.

La Cassazione penale sez. III con sentenza n. 38882 del 24 agosto 2018 ha ribadito che è vietato riprendere i dipendenti al lavoro anche se costoro abbiano prestato il proprio consenso per iscritto.

Nel caso concreto la Corte ha affrontato la vicenda di un titolare di un pubblico esercizio il quale  aveva installato all’interno del locale un apparato a mezzo del quale era possibile osservare costantemente lo svolgimento delle mansioni del personale dipendente.

A nulla sono valse le circostanze che il datore di lavoro aveva addotto a propria difesa: esigenza di sicurezza sul lavoro, tutela del patrimonio aziendale, informativa sottoscritta da tutti i dipendenti che avevano prestato in forma scritta il consenso alle riprese e all’installazione dell’impianto.

Orbene, la Cassazione ha argomentato che l’art. 4 della Legge 300/70 (Statuto dei Lavoratori) fa salve le esigenze descritte – sicurezza e tutela del patrimonio aziendale – ma non è esclusa la condotta illecita del datore di lavoro.

Il semplice consenso dei lavoratori non è sufficiente all’applicazione della scriminante in parola.

L’art. 4 legge 300/70 prevede espressamente che l’installazione di qualunque apparecchiatura, che possa comportare un controllo dell’attività dei lavoratori nell’esecuzione delle loro mansioni, esige il preventivo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o un provvedimento autorizzativo da parte dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro.

La ragione sottesa alla scelta del legislatore di attribuire alle rappresentanze sindacali aziendali, o in mancanza di accordo, all’Ispettorato del Lavoro, il compito di valutare l’esistenza effettiva delle esigenze aziendali previste dalla citata disposizione, è quella di garantire un controllo da parte di soggetti competenti e dotati di una maggiore forza economico sociale rispetto ai singoli dipendenti, i quali, nel rapporto contrattuale con il datore di lavoro, rappresentano la parte debole e facilmente condizionabile. L’efficacia del consenso dei lavoratori, pur lecitamente prestato, non è sufficiente a far venir meno il reato in questione.

Ecco il testo dell’Articolo 4 del Jobs Act, che contiene la modifica al precedente Statuto dei Lavoratori del 1970:

Art.4 – Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo

  1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo gli impianti e gli strumenti di cui al periodo precedente possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. 2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. 3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

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