Le liti tra coniugi in sede di separazione e divorzio riguardano spesso anche la restituzione dei beni di proprietà esclusiva di ciascuno o comunque assegnati giudizialmente.
La Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità penale dell’ex moglie che non ha restituito gli oggetti personali al marito. Nel caso concreto la donna si era rifiutata di restituire al marito i beni del medesimo custoditi in un locale nella disponibilità della moglie sebbene il provvedimento giudiziale autorizzasse il marito al ritiro.
Al rifiuto della signora era conseguita la denuncia penale per appropriazione indebita. Il reato si considera integrato nonostante nel caso concreto fossero decorsi due anni dal provvedimento giudiziale autorizzativo. La Cassazione ha infatti ritenuto che il termine prescrizionale non decorre dal provvedimento giudiziale di assegnazione ma dal successivo momento in cui il soggetto legittimato concretamente avanza richiesta di restituzione e/o ritiro. Per i giudici l’inversione del possesso “incriminata” era scattata quando l’uomo aveva comunicato alla ex moglie la sua intenzione di andare a prendere gli oggetti e si era sentito rispondere che la cantina era stata svuotata, proprio per impedirgli di riaverli.
Da ciò consegue che in ipotesi conflittuali è bene far inserire nel provvedimento di separazione e /o divorzio un termine finale entro il quale il legittimato possa ritirate i propri effetti e/o beni personali. Diversamente, il soggetto obbligato alla restituzione, può tutelarsi inviando una formale intimazione al ritiro.
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