Ricevere una busta paga senza irregolarità è un diritto dei lavoratori: se i datori di lavoro non versano contestualmente lo stipendio (o lo fanno con troppo ritardo, in arretrato sistematico con il pagamento delle retribuzioni spettanti), i dipendenti possono appellarsi ad alcune forme di tutela, stabilite dalla legge per garantire il recupero dei crediti dovuti. Il lavoratore (non dirigente) alle dipendenze di un datore di lavoro moroso può vantare il proprio credito fino a cinque anni dopo la fine del rapporto di lavoro prima che cada in prescrizione.
Vediamo dunque come difendersi da situazioni di abuso, seguendo alcuni fondamentali passi.
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Firma busta paga
Per prima cosa, se ci si accorge che non vi è stato alcun accreditamento dello stipendio è necessario non firmare la busta paga “per quietanza”, siglando semplicemente il documento “per ricevuta e presa visione”: in questo modo si ottiene una valida prova scritta del proprio credito.
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Messa in mora
Il datore di lavoro può essere messo in mora senza l’ausilio di un avvocato, come stabilisce il Codice Civile (art. 1219), fatta eccezione per i seguenti casi:
- il debito deriva da fatto illecito;
- il debitore ha dichiarato per iscritto di non voler eseguire l’obbligazione;
- è scaduto il termine, se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore. Se il debitore è deceduto prima della scadenza «gli eredi non sono costituiti in mora che mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto, e decorsi otto giorni dalla intimazione o dalla richiesta».
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Conciliazione
Se la situazione non si sblocca, il lavoratore può interpellare gratuitamente la Direzione Territoriale del Lavoro (DTL) competente chiedendo l’avvio di una:
- Conciliazione facoltativa: presentazione di una richiesta scritta di convocazione della Commissione di Conciliazione che fisserà un’udienza in cui le parti potranno trovare un accordo.
- Conciliazione monocratica: in caso di fallito tentativo di accordo gli Ispettori del Lavoro avvieranno una verifica presso la sede del datore di lavoro relativa al rispetto della normativa lavoristica e al versamento dei contributi.
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Decreto ingiuntivo
A questo punto, se si ha una certificazione del credito, il lavoratore può procedere con un decreto ingiuntivo (procedimento breve che permette di ottenere dal tribunale un ordine di pagamento diretto al datore di lavoro, che potrà scegliere se saldare il debito o meno entro 40 giorni dalla notifica).
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Causa ordinaria
In assenza di certificazioni del credito, invece, il dipendente può procedere con l’avvio di una causa ordinaria: in assenza di contratto di lavoro o lettera di assunzione, per dimostrare con prove scritte gli arretrati potrà avvalersi di buste paga o altri documenti che provino l’esistenza del rapporto di lavoro (anche la CU) oppure, in extrema ratio, delle prove testimoniali.
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Esecuzione forzata e fallimento
Se il datore di lavoro non ottempera al pagamento degli stipendi arretrati, anche se costretto dall’esito di una causa o da un decreto ingiuntivo, il lavoratore potrà procedere con:
- Esecuzione forzata nei confronti dei beni posseduti dal datore di lavoro (conti correnti bancari, immobili, automobili o altro).
- Dichiarazione di fallimento: il Fondo di garanzia dell’INPS rimborserà gli ultimi tre stipendi e il TFR maturato, mentre per i crediti restanti il lavoratore dovrà insinuarsi al passivo del fallimento.
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