L’esdebitazione (cancellazione dei debiti e delle loro conseguenze giuridiche) è il risultato finale del meccanismo di composizione di una crisi da sovraindebitamento. Le procedure sono riservate sia ai consumatori (soggetti che non esercitano un’attività di impresa) sia i piccoli imprenditori che non sono ricompresi nelle procedure di carattere fallimentare. L’esdebitazione è stata introdotta nell’ambito della riforma del diritto fallimentare e consiste nella la liberazione dai debiti residui nei confronti dell’imprenditore che ha mantenuto nel corso della procedura fallimentare una condotta collaborativa con gli organi della procedura. Il decreto Sviluppo del 2012 l’ha estesa al caso del consumatore e a quello del piccolo imprenditore al di sotto delle soglie di fallibilità.
Da quanto detto emerge, pertanto, che la procedura di esdebitazione è attivabile solo se chi la richiede non sia assoggettato alle procedure di cui alla legge fallimentare e si trovi in una condizione di sovraindebitamento non riuscendo più a far fronte ai debiti contratti.
La procedura di esdebitazione prevede tre diversi rimedi: l’accordo di ristrutturazione dei debiti, la liquidazione del patrimonio del debitore e il piano del consumatore.
Ai primi due possono accedere tutti i soggetti destinatari della legge, al terzo solo il consumatore.
1) Accordo di ristrutturazione dei debiti
L’accordo di ristrutturazione dei debiti, innanzitutto, dà la possibilità a tutti i soggetti destinatari della legge numero 3/2012 (non assoggettabili a fallimento) di rivolgersi al Tribunale, proponendo un accordo con il quale tentare di far fronte alla propria condizione di sovraindebitamento.
È quindi il giudice che, una volta valutata la richiesta, decide se approvare o meno quanto con essa proposto.
Per poter avere il via e divenire operativo, tuttavia, l’accordo di ristrutturazione dei debiti necessita anche dell’assenso di un numero di creditori che rappresenti almeno il 60% dei crediti.
2) Liquidazione del patrimonio
Molto più svantaggioso, e pertanto scarsamente utilizzato, è il secondo rimedio previsto per l’esdebitazione: la procedura di liquidazione del patrimonio.
Con essa il debitore mette a disposizione, per la soddisfazione dei debiti, tutti i propri beni e tutti i propri crediti, liquidando di fatto il suo intero patrimonio.
Restano escluse solo le risorse necessarie per mantenere la famiglia.
Attivando tale procedura, i debiti che non possono essere ripagati si estinguono.
Il piano del consumatore, infine, è lo strumento riservato alle persone fisiche/consumatori, in situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni contratte e il patrimonio liquidabile.
Per potervi accedere il cittadino, oltre a non agire con riferimento all’esercizio di un’attività professionale o imprenditoriale, deve essere meritevole e non deve aver quindi contratto debiti in maniera del tutto sproporzionata rispetto alle potenzialità del suo patrimonio.
In presenza dei richiesti presupposti, ogni consumatore per il tramite di un avvocato può oggi presentare al tribunale un piano per soddisfare i propri debiti. Sarà poi l’organismo di composizione della crisi nominato che, verificata l’esattezza dei dati contenuti nel piano, si esprimerò sulla sua applicabilità.
I creditori non danno un parere vincolante, ma possono essere ascoltati e possono presentare delle contestazioni.
Il vantaggio è che, se il piano del consumatore viene approvato, il cittadino ha la possibilità di sollevarsi dai propri debiti anche non soddisfacendoli per intero ma riducendone l’ammontare complessivo.
Occorre tuttavia precisare che se il debitore non rispetta il piano approvato, scatterà automaticamente la procedura di liquidazione del patrimonio.
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